Emanuela Setti Carraro

Nata il 9 ottobre 1950 a Borgosesia (VC), città che le ha intestato una Piazza e dedicato un monumento-fontana, sceglie il liceo classico per gli studi superiori, si dibatte come tanti tra lo studio e gli interessi adolescenziali, così da perdere un anno, ed all’età di 19 anni, terminate le scuole superiori, si iscrive all’Università, a lettere antiche. Erano anni difficili, il vento della contestazione scuoteva l’Università dalle fondamenta ed Emanuela, trascorsi un paio d’anni in cui le attività didattiche erano frequentemente paralizzate, gli esami trasformati in prove di gruppo senza merito individuale e il suo libretto scarno di risultati, decise di abbandonare gli studi e cercare un lavoro. Lo trovò come impiegata in una ditta metalmeccanica.

Emanuela era persona semplice, una giovane borghese cresciuta con qualche agio nel centro di Milano, con quelli che si possono definire dei sani principi morali, sentimenti ed ideali in controtendenza.

Nella sua vita Emanuela ha nutrito un’attenzione particolare ai meno fortunati, ai bisognosi, ai deboli. Ha sempre avuto occhi sensibili per la comunità in cui è cresciuta e per la sua coesione. Cominciò da giovane, occupandosi di migranti italiani che alla fine degli anni sessanta ancora lasciavano le campagne del sud non solo verso la Torino del miracolo economico, ma anche verso la Francia, il Belgio, la Germania. In quelle estati lei si occupava di insegnare ai più piccoli dei rudimenti di francese o di tedesco che permettesse loro di semplificare i contatti con i coetanei che avrebbero incontrato nelle nuove destinazioni di residenza e di vita. In seguito si occupò ancora di migranti che rientravano in Italia per le vacanze estive gestendo campi di re-integrazione per figli di emigrati. Furono poi gli anni della Croce Rossa, dove si diplomò come infermiera strumentista di sala operatoria, frequentando i blocchi operatori del Policlinico di Milano, ma anche i reparti di pediatria della clinica De Marchi e dell’Istituto Besta. Qui venne in contatto con bambini neurolesi e disabili e da qui nacque il progetto di aprire a Milano il secondo centro italiano di ippoterapia, che fu realizzato nella cavallerizza della caserma Santa Barbara del Reggimento Artiglieria a cavallo di Milano, quale primo esempio di una collaborazione tra Forze Armate e società civile nell’impegno a favore di bambini disabili.

Nel maggio del 1980 conobbe il generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Conoscenza ed amicizia che si svilupparono fino al fidanzamento e alle nozze nel luglio del 1982.

Emanuela e Carlo Alberto condividevano una solida coscienza cristiana, l’amore per la Patria, intesa come termine non retorico di comunità laboriosa, coesa e solidale e l’orgoglio per il passato glorioso dell’Arma. Conoscevano, per averlo praticato di persona, il significato dello “spirito di servizio”, l’attaccamento allo Stato, la vocazione al sacrificio personale e la difesa della legalità.

Quando si sposarono Carlo Alberto era vedovo da quattro anni ed Emanuela ebbe la delicatezza di abbracciare e salvaguardare il grande amore che Carlo Alberto nutriva per la sua prima moglie, che oltre ad avergli dato tre figli lo aveva accompagnato e sostenuto nei momenti più duri e complessi della sua vita, fino a morirne.

Per Emanuela, Carlo Alberto era soprattutto presenza solida, la spalla cui appoggiarsi al bisogno, l’uomo maturo, capace di mettere ordine nei suoi pensieri e sentimenti, di motivarla e sostenerla. Lei, in cambio, gli donò una nuova serenità affettiva, fresca energia ed entusiasmo in uno dei momenti più difficili della sua vita e della storia del Paese.

Emanuela e Carlo Alberto, assieme all’agente Domenico Russo, cadono a Palermo il 3 settembre del 1982. Muoiono uniti, nel vuoto e per colpa di un vuoto che una politica corrotta o indifferente aveva loro scavato attorno, esempio di dedizione al popolo italiano e di fedeltà ai valori di onestà, coerenza e legalità, a difesa delle istituzioni.

Il 20/9/1985 le venne conferita la medaglia d’oro al merito della sanità pubblica con decreto del Presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Nel 1998 l’Università degli studi di Palermo le ha conferito la laurea honoris causa in medicina e chirurgia alla memoria.

Nel 2002 il presidente della Croce Rossa italiana le ha conferito la Medaglia d’oro al Merito della Croce Rossa.