Carlo Alberto dalla Chiesa

Carlo Alberto dalla Chiesa (nato a Saluzzo il 27/09/20 – morto a Palermo il 3/09/82), parte per la guerra nell’aprile 1942, con destinazione il Montenegro, come soldato di fanteria (120° battaglione) e si distingue per il coraggio (come incursore ottenne due croci di guerra al valore) e per l’attività di intelligence. Nell’agosto del 1942 partecipa al corso allievi ufficiali di complemento dell’Arma dei Carabinieri ad Alessandria, e rientra definitivamente in Italia nell’ottobre del 1942, destinato al comando della caserma dei carabinieri di San Benedetto del Tronto.

A Bari si laurea in legge (nel luglio 1943) e conosce Dora Fabbo, la sua prima moglie. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, dalla Chiesa comunica al comando dei carabinieri delle Marche il suo rifiuto a sottostare agli ordini dei nazifascisti ed entra nella Resistenza. Nell’ Agosto 1944 viene inviato a Roma, con compiti di ordine pubblico.

Nel Giugno 1946 è a Casoria, dove fronteggia il banditismo ed i disordini scatenati da monarchici e fascisti in seguito alla proclamazione della Repubblica (2/6/1946).

In seguito alla strage di Bellolampo (19/8/1949) ad opera del bandito Giuliano, viene costituito il Comando Forze Repressione del Banditismo (27/8/1949). Dalla Chiesa ne entra a far parte come volontario e gli viene affidato il comando del gruppo di Corleone col grado di capitano. Qui indaga sulla scomparsa di Placido Rizzotto, sindacalista assassinato il 10/3/1948. Il suo rapporto sull’omicidio Rizzotto costituisce il primo rapporto risolutivo di un omicidio a partire dal 1943, in un’area dove si sono contati 150 omicidi e 72 sparizioni (lupara bianca) tra il 1944 ed il 1949. Dalla Chiesa svolgerà inoltre il delicato compito di Capo di stato maggiore del comando e meriterà una medaglia d’argento al valor militare.

Il 5/7/1950, il Comando Generale dell’Arma lo trasferisce d’urgenza a comandare la compagnia di Firenze. Dopo la Toscana, per il capitano comincia una serie di trasferimenti, tra cui a Como e Roma.

Tra l’Ottobre 1954 ed il giugno 1966 è a Milano. Nel pieno del “boom economico” Milano è afflitta da bische clandestine, truffe, rapine in banca, traffico di valuta, contrabbando con la Svizzera e dalla prima guerra di mafia (tra Angelo La Barbera e i Greco). Qui fonda i Nuclei Investigativi dedicati, composti da elementi scelti su chiamata, senza limiti territoriali di indagine, che successivamente verranno estesi a Roma e Torino.

In seguito alla strage di Ciaculli, culmine della prima guerra di mafia, avvenuta nel giugno 1963, viene costituita la Commissione Parlamentare Antimafia (30/6/1963).

Dal 1/7/1966 al 30/9/1973, è di nuovo in Sicilia, al comando della Legione Carabinieri di Palermo. Qui ricostruisce la mappa territoriale del potere mafioso, famiglia per famiglia, paese per paese, provincia per provincia, analizzando i legami parentali acquisiti per matrimonio e comparaggio (padrini).

Il 14/1/1968 la valle del Belice viene sconvolta da un violento terremoto. In qualità di comandante della Legione di Palermo, CA dalla Chiesa mobilita immediatamente tutte le forze disponibili sul territorio per assistere la popolazione. Per la prontezza nel rispondere alla chiamata e l’abnegazione dimostrata, verrà successivamente nominato cittadino onorario di Gibellina, Montevago e Poggioreale, e decorato di medaglia di bronzo al valor civile.

Il 28/3/1969 viene ascoltato per la prima volta dalla Commissione Antimafia, alla quale illustra il frutto del suo lavoro, additando l’avvenuta infiltrazione dell’amministrazione Regionale da parte di personaggi, anche minori, legati ai clan mafiosi, sottolineando il ruolo dei prestanomi nelle attività mafiose e la crescita del potere criminale a Catania (policentrismo della mafia), facendo per la prima volta i nomi di Vito Ciancimino e Salvo Lima, corresponsabili del “sacco edilizio” di Palermo, quali esponenti del connubio mafia- politica.

Il 4/11/1970 viene sentito una seconda volta dalla Commissione Antimafia: comunica di procedere alla schedatura genealogica delle imprese focalizzando l’attenzione sui collegamenti tra società e prestanomi; collega il traffico di droga all’accumulo di capitali da investire nell’edilizia, nell’acquisto di terreni e nella finanza; suggerisce di aprire un’inchiesta amministrativa sui fenomeni di fiancheggiamento tra politici, Pubblica Amministrazione, magistratura e magistratura amministrativa alla luce dell’approvazione di ben 1200 varianti del piano regolatore di Palermo e suggerisce di collegare la raccolta di voti con le zone di influenza della famiglie, per meglio comprendere i legami mafia-politica. La terza audizione del 15/1/1971 è emblematica della timidezza e reticenza della politica nella lotta alle mafie. La relazione, che viene richiesta dal tribunale di Palermo alla Commissione Parlamentare Antimafia nel 1973, viene nell’occasione riscritta e modificata, persino negli allegati e nei referti, espungendone tutti i nomi dei politici ad eccezione di quello di Vito Ciancimino, ormai bruciato. Era l’epoca in cui i siciliani Salvo Lima e Giovanni Gioia erano ministri dello Stato (1972-1976), sotto inchiesta per attività mafiosa, ed in perenne attesa di autorizzazione a procedere da parte del Parlamento.

Nel rapporto Vassallo del 30/12/1971 dalla Chiesa descrive con precisione la nascita e lo sviluppo della nuova corrente politica di riferimento e della connivenza imprenditoriale- politica nota a Palermo con l’acronimo Va.Li.Gio (Vassallo, Lima, Gioia).

Promosso nel ’73 Generale di Brigata, nel 1974 dalla Chiesa diventa Comandante della Legione Militare di Nord-Ovest, con giurisdizione su Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria. Si trova così a combattere il crescente numero di episodi di violenza ad opera delle Brigate Rosse ed il loro crescente radicarsi negli ambienti operai e studenteschi. Nel maggio 1974 il ministro Taviani, in contrasto con il comando dell’Arma, fa propria la sua proposta di costituire il Nucleo Speciale Antiterrorismo, che gli viene affidato. Questo dà grande autonomia d’azione al generale, che può così infiltrare alcuni uomini all’interno delle fabbriche, nei collettivi degli studenti, ed infine nei gruppi terroristici. I risultati sono clamorosi, ma la polemica sulla spregiudicatezza del Generale divampa. Nel 1976 il Nucleo Speciale Antiterrorismo è smantellato e dalla Chiesa sollevato anche dal Comando della Brigata.

Nel maggio 1977 è nominato Generale di Divisione e Coordinatore del Servizio di Sicurezza degli Istituti di prevenzione e pena e realizza le cosiddette “supercarceri”.

Nel 1978 avvengono una tragedia personale (il 19 febbraio muore d’infarto l’amatissima moglie Dora) e una tragedia pubblica: il 16 marzo le Brigate Rosse rapiscono il presidente della DC Aldo Moro e lo uccidono il 9/5/1978.

Il 9/8/1978 (sino al 31/12/1979) viene ricostituito il Nucleo Speciale Antiterrorismo composto da 150 uomini. Dalla Chiesa deve rispondere solo ad Andreotti, capo del governo, e al ministro degli Interni Rognoni. Le Brigate Rosse vengono progressivamente smantellate, anche grazie al contributo innovativo e decisivo dei collaboratori di giustizia di cui per primo si serve, e per i quali promuove e sostiene le norme politico-legislative che li incentivano.

Alla fine del 1979, e fino al dicembre 1981, dalla Chiesa torna a Milano al comando della Divisione Pastrengo, in qualità di comandante della lotta al terrorismo nel Nord Italia.

Il 16/12/1981 dalla Chiesa diventa vicecomandante dell’Arma, la massima carica per un ufficiale dei Carabinieri.

A marzo 1982 il capo del governo Giovanni Spadolini gli chiede di tornare in Sicilia, dove è in corso la seconda sanguinosa guerra di mafia. Dalla Chiesa, inizialmente perplesso, si lascia convincere dal ministro Virginio Rognoni, che gli promette poteri fuori dall’ordinario per contrastare la guerra tra le cosche che insanguina l’isola. Dopo qualche settimana, il 30 aprile, il senatore La Torre viene assassinato con l’autista Rosario Di Salvo, ed il giorno stesso dalla Chiesa viene inviato a Palermo. La Torre, Segretario regionale del PCI, aveva proposto un disegno di legge che prevedeva per la prima volta il reato di associazione mafiosa, punito con pene detentive esemplari e con la confisca dei patrimoni. Intanto, in attesa di quei poteri di coordinamento che gli permetteranno di agire, si rivolge agli studenti, agli operai dei cantieri navali, ai sindacati, ai gruppi di donne che rivendicano servizi sociali, ai genitori dei tossicodipendenti, ai sindaci dei paesi più mafiosi. A tutti parla di diritti. Quelli che la mafia traduce in favori. Ma a Roma continuano a tergiversare.

Dalla Chiesa è sempre più solo in una città ostile. Abbandonato da Roma, osteggiato in tutti i modi dai diversi poteri in Sicilia, il generale decide di rilasciare al giornalista Giorgio Bocca un’intervista storica, che uscirà su la Repubblica il 10 agosto. E’ un documento lucido e spietato, sulla Sicilia, sulla mafia catanese e palermitana, sul suo potere pervasivo anche nelle città del Nord, sulla rinuncia dello Stato a combattere, sui rappresentanti delle Istituzioni che lo dovrebbero difendere, ma che con la mafia condividono il potere, a Palermo come a Roma.

Il 3 settembre 1982 Carlo Alberto dalla Chiesa viene assassinato con la giovane moglie Emanuela Setti Carraro. Dodici giorni più tardi morirà anche l’agente di scorta Domenico Russo, gravemente ferito nello stesso agguato.

Dieci giorni dopo la morte di Carlo Alberto dalla Chiesa, il Parlamento italiano approva la legge Rognoni-La Torre, che per la prima volta definisce il reato di associazione mafiosa, (“l’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri”), prevede pene detentive esemplari, ed esproprio e confisca dei beni mafiosi.

Onorificenze:

Cittadino onorario di San Benedetto del Tronto e di Gibellina, Montevago e Poggioreale (Belice); due croci di guerra al valor militare, 1942; avanzamento per meriti di guerra; medaglia d’argento al valor militare, 1950; Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, 1968; Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, 1980; medaglia di bronzo al valor civile, 1968 (Belice), medaglia d’oro al valor civile, 13/12/1982, Grand’Ufficiale dell’Ordine militare d’Italia, 17/5/1983.